Ivana Castello

elezioni amministrative 2023 - Modica

Su un’intervista rilasciata dal commissario straordinario
presso il Comune di Modica: sensazioni e riflessioni

Su un’intervista rilasciata dal commissario straordinario
presso il Comune di Modica: sensazioni e riflessioni
di Ivana Castello

Leggendo il «Domani ibleo» mi sono imbattuta in uno spedito articolo di Maria Carmela Torchi. Fu pubblicato nientemeno lo scorso 23 luglio e contiene un’intervista alla S.V., da poco insediata commissaria al comune di Modica. Lo scritto direttamente o indirettamente mi riguarda per cui ritengo opportuno dirle alcune delle riflessioni che mi ha suggerito. Colgo l’occasione, naturalmente, per tornare su due mie precedenti istanze, una in merito alla consistenza del debito comunale e l’altra sulla situazione della nettezza urbana a Modica.
La prima delle riflessioni, che coincide col tema trattato sul «Domani ibleo», concerne il debito comunale complessivo che, secondo la giornalista, si assesterebbe intorno a 120 milioni di euro, importo che «non è mai stato smentito ma nemmeno confermato». L’espressione finale mi ha fatto sobbalzare di piacere, perché il debito può costituirsi per ragioni che è meglio non esplicitare, ove si amministri per interessi che il comune sentimento potrebbe non condividere. Se in famiglia mi indebito per dar da mangiare ai miei figli tutto è lecito e può anche raccontarsi. Se, invece, non ho i soldi per acquistare le cose essenziali e i pochi che guadagno li spendo al superenalotto, beh, qualcuno potrebbe, e sarebbe anche doveroso, trovare da ridire. Detto, pensando ai latini… è una questione di mores, ossia di costumi. A parte la bellezza dell’espressione commentata, lei ha risposto di non conoscere la consistenza del debito e qui l’ha posata. Avrebbe potuto fissare un nuovo appuntamento, giusto per documentarsi e documentare una risposta. La domanda, ad ogni buon conto, gliela pongo io, oggi, a mezzo della presente. Può darsi che nel frattempo si sia informata. Amabile dottoressa Ficano, a quanto ammonta il debito comunale visibile e verificabile alla data odierna? Non mi dica che ancora dev’essere calcolato o che non lo sa, perché non le crederei. Che senso ha in oltre -commento ancora il primo quesito- gestire meglio le transazioni se l’esperienza recente insegna che anche su questo tema siamo arrivati ad un punto di non ritorno? Abbate per gli accordi transattivi era impareggiabile. Non c’è stato pagamento che non sia stato preceduto da stringenti (e talora struggenti) accordi transattivi. Eppure, in moltissimi casi, il Comune non è andato al di là dell’accordo scritto perché, al momento di pagare, non disponeva dei fondi necessari ed era costretto, innanzi ai creditori imploranti, a fare orecchie da mercante. Lei sa meglio di me che ogni transazione si chiude con un accordo al ribasso sul debito ma poi, alla scadenza, l’importo concordato va pagato. Diversamente abbiamo perso e fatto perdere tempo. Il problema, dunque, non è tanto quello di curare allo spasimo la transazione quanto quello di trovare i soldi quando matura il momento di pagare. Transazione e pagamento, ovviamente, debbono procedere in tandem.
Ha detto pure, a proposito del piano di riequilibrio, di voler «far comprendere (ai cittadini) che i tributi vanno pagati perché l’attività comunale si fonda sui tributi». E’ un’affermazione senza dubbio corretta, ma non è semplice come appare. Suol dirsi che le uscite sono legate alle entrate ed è vero, ma deve capire che ogni fenomeno ha una ragione più o meno recòndita. La disaffezione al pagamento dei tributi non s’impone perché il cittadino tutt’a un tratto è impazzito e rifiuta di pagare, ma perché constata, ripetutamente negli anni e dopo aver ripetutamente pagato, che i suoi soldi vengono spesi non per lo sviluppo della città ma per preparare la campagna elettorale del notabile di turno. Questo discorso, tuttavia, non la riguarda, ma il fenomeno non è nuovo e proprio a lei che si occupa di politica, pur non esercitandola direttamente, non dovrebbe sfuggire.
La quarta domanda mi chiama in causa a titolo, direi, se mi permette, personale. Non le piace il termine opposizione, perché probabilmente, come di consueto, pensa, e direi giustamente, che l’opposizione sia un atteggiamento pre-concetto e lei, sempre giustamente, si dichiara contro i pre-concetti. Spesso si parla di opposizione per l’opposizione ed ha ragione nel pensare quel che pensa ma, allo stesso tempo, debbo segnalarle che c’è pure un’opposizione a determinate scelte che matura prima e si dispiega durante e dopo la campagna elettorale. Pensi, ad esempio, all’opposizione che matura contro la produzione di energia attraverso le centrali nucleari o i pali eolici. Sono opposizioni che difficilmente si possono rimediare. La democrazia cristiana contro il partito comunista… ricorda? Esiste anche l’opposizione nell’interpretazione delle leggi. Ne abbiamo avuto esperienza in quest’ultimo quinquennio in materia di formazione delle commissioni comunali. Un’interpretazione irragionevole della legge mi ha impedito di accettare la nomina a componente di una commissione consiliare. E l’opposizione era reciproca: di chi governava il Comune e mia che non ho inteso piegarmi ad una, secondo me scorretta, interpretazione della legge. L’ho avuto vinta -non questa battaglia ma altre analoghe- quando ho deciso di adire l’autorità giudiziaria. L’opposizione può avere come contrapposto l’arbitrio. Va bene, quindi, anche il termine «opposizione» in politica. E ancora, passando ad un’altra sua osservazione: non è il regolamento comunale che legittima l’accesso agli atti del consigliere, bensì la sua elezione popolare. E ciò al di sopra del sindaco e delle leggi… Sì, perché le leggi vengono approvate per realizzare un disegno di rappresentanza del popolo. Detto altrimenti: le leggi sono «strumentali» alla tutela di un valore. Quindi, in una prima fase, il (un) valore esiste ed è in balìa dell’arbitrio del cittadino o delle istituzioni; in una seconda fase si compie un atto di volontà istituzionale e si inserisce in uno strumento chiamato legge. Da quel momento il suo rispetto (nel nostro caso l’accesso agli atti) non dipende più dall’arbitrio individuale ma diventa un obbligo oggettivo. La legge può definirsi, dunque, lo strumento che impone il rispetto di un valore. In questo senso il valore, che è il bene tutelato, viene prima della legge. Infine mi dica dove ho sbagliato nel fornire notizie poco esatte o poco corrette. Ne faccio ammenda sin da ora, ma mi dica in quale occasione sono stata poco corretta.
In merito all’accesso agli atti debbo informarla che in seno al comune di Modica, durante il precedente quinquennio (2013-2018), è stato celebrato un processo giudiziario per bloccare il tentativo della maggioranza di ampliare i tempi morti della burocrazia nel Regolamento comunale. La maggioranza s’era convinta, in base ad un troppo disinvolto ragionamento, che sarebbe stato sufficiente intervenire sul regolamento per impedire o, comunque, attenuare i controlli dell’opposizione. Intanto se non c’è niente da nascondere i controlli vanno agevolati, non impediti. Lei fa parte, come me, del popolo e sa, come ha detto alla dottoressa Torchi, che la minoranza ha il còmpito di vigilare sugli atti di amministrazione della maggioranza. Parole testuali che ho cercato di onorare sin dal mio primo mandato. Debbo però confessarle che al suo posto non sarei così spontanea, come lei, nel ringraziare l’amministrazione dimessa per averle fornito relazioni e documenti su tutto ciò che è stato fatto. Mi sto limitando a riferire, in forma quasi testuale, le sue parole. Lei, dottoressa Ficano, non può compulsare l’amministrazione dimessa. Perché è andata alle dimissioni (e lei, oggi, ne copre il ruolo) in quanto incompatibile con la campagna elettorale ove il sindaco è candidato. Lei deve rivolgersi non agli ex amministratori ma ai capi-settore. Per quanto riguarda il diritto di accesso agli atti non esistono ragioni individuali (tranne che si tratti di vita o di morte) che possano determinare una qualche precedenza sull’istanza di un consigliere comunale. Il consigliere rappresenta il popolo, cioè una pluralità di persone; il cittadino, diversamente, è solo se stesso. Tralascio, per amor di patria, tutto il resto, ma non posso non dirle che il 16 e il 30 maggio, cioè più di tre mesi or sono, ho presentato due istanze perché mi fosse fornito l’elenco dei residui atti e passivi relativi agli esercizi precedenti al 2022. Ancora attendo l’accesso. Lei, dal canto suo, per conoscere il debito comunale complessivo mi ha risposto che è opportuno «rinviare ogni chiarimento a dopo la fissazione dell’adunanza della Corte dei conti», ossia a dopo il 30 settembre p.v. Può pensare, dunque, che mi possa dichiarare soddisfatta? Non vedo in tutto ciò un grande rispetto delle ragioni del controllo. Quando una parte non risponde né sì e né no, come vuole che si denomini tale atteggiamento se non, concretamente, opposizione di fatto? Anche da parte della maggioranza! Per altro non capisco la sua difficoltà. Penso alla dichiarazione che ha rilasciato alla dottoressa Torchi e mi domando: ma non è la stessa persona che ha affermato che la maggioranza ha il còmpito di gestire e la minoranza quello di controllarne gli atti? Perché, dunque, dovrei controllarli alla fine di settembre se mi necessita farlo subito? Alla fine di settembre non mi interessa più. Sono disegni miei e lei, non dico che deve, ma dovrebbe almeno rispettarli. Sbaglio? Le ricordo, per chiudere, che le ho presentato, il 25 luglio c.a., una interrogazione sulla situazione della spazzatura a Modica ed ancora aspetto che mi risponda. Accetti, ad onta di tutto, i sensi della mia stima.
Ivana Castello
Consigliere comunale del PD

Ivana Castello candidata sindaca di Modica

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